Il 24 Novembre scorso abbiamo celebrato la conclusione delle nostre attività per quest'anno, anno in cui siamo riusciti ad organizzare due concerti jazz e un incontro d'autore.
Lo abbiamo fatto con una cena a cui hanno partecipato soci, familiari e amici dei soci e nuovi sostenitori.
Abbiamo cercato di dare il meglio di noi proponendo, oltre ad un menù a base di polenta e crescentine, un momento di riflessione sulla pace, che sembra diventato un concetto estraneo a questi tempi disgraziati, e celebrando con un po' di anticipo la giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne che ricorre il 25 Novembre:
"Buonasera a tutti e grazie per aver accolto il nostro invito. Poche parole per dare un significato a questo incontro.
Prima però vorrei rivolgere un pensiero ad un nostro carissimo amico che ci ha lasciato, Alberto Mucciarini, e dare un abbraccio affettuoso a sua moglie Viviana, nostra valida collaboratrice.
E ora veniamo a noi, alla nostra serata e ai nostri obiettivi.
Molti anni fa, negli anni trenta, Bertolt Brecht scrisse un poema intitolato "A quelli che verranno" che cominciava con le parole "Davvero viviamo in tempi oscuri". Viviamo anche noi in tempi oscuri, forse addirittura più oscuri di quelli di Bertolt Brecht. La guerra con tutti i suoi orrori bussa alle nostre porte, ci sentiamo impotenti e abbiamo paura, una paura che ci può immobilizzare la mente.
E allora come possiamo mantenere uno spazio di azione e di pensiero in questi tempi? Come preservare l’umanità in noi? Come non lasciarci distruggere? In qualsiasi situazione possiamo sempre fare qualcosa. Ad esempio possiamo aprirci alle domande, anche se non tutte hanno una risposta immediata. Domande che possono aiutarci a guardare la storia con spirito di ricerca, che possono spingerci a documentarci di più e meglio, a mettere in moto il pensiero, a discutere insieme agli altri per imparare un’arte preziosa: quella del dialogo. Perché è solo con il dialogo che possiamo capire il valore delle nostre idee e ritrovare il significato di fare la propria parte.
E noi, proprio per accendere una piccola luce in questo buio che ci circonda, vogliamo parlare di pace. Parlare di pace è parlare alle persone, agli uomini, alle donne e ai bambini che in tutto il mondo aspettano parole e azioni per cambiare questa realtà, con la forza dell’amore e della nonviolenza. Vogliamo fare la nostra parte, quello che è nelle nostre possibilità per riportare un equilibrio rispetto alle gravi disparità che vedono un mondo sempre più attaccato agli egoismi di un “io” dispotico. Non possiamo fare molto, ma non vogliamo nemmeno arrenderci a quel senso di impotenza che ci spinge a rinchiuderci nel silenzio. Vogliamo stare insieme, ritrovare quel significato che la parola “noi” sembra aver perso in termini di comunanza e solidarietà. Vogliamo fare di quel “noi” un mezzo di ascolto e di accoglienza.
Il Collettivo Frignano Extra è nato con questo intento: stare insieme per comunicare e sensibilizzare. Non importa se siamo una goccia nell’oceano, l’importante è fare. E noi qualcosa abbiamo fatto, anche grazie al vostro sostegno che speriamo continui . Nel corso di quest’anno siamo stati insieme in tre occasioni: due concerti jazz e un incontro d’autore con il filosofo Lorenzo Barani e la vostra partecipazione è stata gratificante. Crediamo di essere sulla strada giusta e vogliamo continuare. Non abbiamo ancora un calendario delle prossime iniziative ma vi posso anticipare che, se tutto va a buon fine, nei primi mesi del 2024 parleremo di immigrazione, un tema importante, tanto quanto tantissimi altri che meriterebbero tutti il primo posto, ma possiamo affrontarne uno alla volta. In seguito vedremo di spaziare.
Per ora mi sento di ringraziarvi per il vostro sostegno e partecipazione, ne abbiamo bisogno e ne avremo ancora bisogno per il futuro e, a questo proposito, vi ricordo che il tesseramento per il 2024 è già iniziato. Se siete d’accordo con quello che facciamo, restate con noi e dimostratecelo."
Credo che la maggioranza delle donne abbia subito una qualche forma di sopraffazione da parte di un uomo. E sono anche sicura che, da un certo momento in poi, per un motivo o per un altro, molte abbiano cominciato a guardarsi alle spalle con la paura di scorgere un’ombra minacciosa, vicina o lontana, o semplicemente a stare sulla difensiva pensando a cosa nascondono certe richieste oppure osteggiate da un sistema sociale in cui gli uomini fanno un uso improprio del loro presunto potere. Questa paura e questa diffidenza non può e non deve essere una costante nella vita di nessuno.
Questa sera il Collettivo, senza entrare nelle polemiche e nel fiume di opinioni di questi giorni, vuole fare una piccola riflessione su questa questione che è diventata a tutti gli effetti una piaga sociale. Lo vogliamo fare senza calcare la mano sui numeri impressionanti e purtroppo reali che ogni giorno ci tocca sentire e senza esacerbare la drammaticità della situazione di cui tutti siamo coscienti.
Lo faremo con un po’ di ironia, soffermandoci solo su di un piccolo aspetto che può sembrare insignificante ma non lo è, è solo uno dei tanti che odorano di discriminazione.
Vi leggeremo un piccolo monologo, scritto da un uomo tra l’altro, Stefano Bartezzaghi, giornalista e semiologo, che una bravissima attrice, Paola Cortellesi, ora anche acclamata regista, ha recitato alla premiazione dei David di Donatello nel 2008 e che dimostra come anche l’universo linguistico, come se non bastasse tutto il resto, sia organizzato attorno all’uomo e continui a stereotipare e a ridurre il ruolo delle donne. Sono solo parole, ma le parole hanno un gran peso psicologico, sociale e culturale.
Vi faccio degli esempi.
Un cortigiano: un uomo che vive a corte; una cortigiana: una mignotta.
Un massaggiatore: un cinesiterapista; una massaggiatrice: una mignotta.
Un uomo di strada: un uomo del popolo; una donna di strada: una mignotta.
Un uomo disponibile: un uomo gentile e premuroso; una donna disponibile: una mignotta.
Un uomo allegro: un buontempone; una donna allegra: una mignotta.
Un gatto morto: un felino deceduto; una gatta morta, una mignotta.
Non voglio fare la donna che si lamenta e che recrimina, però anche nel lessico noi donne un po’ discriminate lo siamo.
Quel filino di discriminazione la avverto, magari sono io, ma lo avverto. Per fortuna sono soltanto parole. Se davvero le parole fossero la traduzione dei pensieri, un giorno potremmo sentire affermazioni che hanno dell’incredibile, frasi offensive e senza senso come queste. “Brava, sei una donna con le palle”, “Chissà che ha fatto quella per lavorare”, “Anche lei però, se va in giro vestita così”, “Dovresti essere contenta che ti guardano”, “Lascia stare sono cose da maschi”, “Te la sei cercata”.
Per fortuna sono soltanto parole ed è un sollievo sapere che tutto questo finora da noi non è mai accaduto.»